28 Mar Export rottami ferrosi: divieto nel Decreto Ucraina bis
Il Decreto Ucraina bis prevede il blocco dell’export dei rottami ferrosi. Vediamo in cosa consiste e quali sono le motivazioni alla base di questa decisione.
Export rottami ferrosi: in cosa consiste il blocco?
Il Governo con il cosiddetto Decreto Ucraina bis, contenenti “Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina”, prevede all’art. 30 che con DPCM, su proposta del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero degli Esteri, sulla base della rilevanza per l’interesse nazionale e del pregiudizio che deriverebbe dall’operazione, anche in relazione alla necessità di approvvigionamento di filiere produttive strategiche, saranno individuate le materie prime critiche, per le quali le operazioni di esportazione al di fuori dell’Unione europea saranno soggette ad una procedura di notifica.
Detto questo il Decreto Ucraina bis individua come materie prime critiche i rottami ferrosi, anche non originari dell’Italia, per le quali la procedura di notifica parte fin da subito.
Dunque le imprese italiane o stabilite in Italia che intendono vendere fuori dall’Unione Europea i rottami ferrosi presenti sul suolo nazionale, compresi quelli acquistati all’estero, devono notificare con almeno dieci giorni di preavviso al Ministero dello Sviluppo Economico e a quello degli Esteri. La sanzione prevista per il mancato adempimento è una multa pari al 30% del valore dell’operazione e comunque non inferiore a euro 30.000 per ogni singola operazione.
Perché viene bloccato l’export dei rottami ferrosi?
Si tratta di una norma fortemente richiesta da Federacciai, Federazione imprese siderurgiche italiane, dal momento che i rottami ferrosi rappresentano la materia prima di oltre il 90% delle aziende siderurgiche italiane, che, ad esclusione dell’Ilva di Taranto, funzionano con forni elettrici, dunque alimentate da rottami di acciaio e ferro (con il prezzo dell’import che si è gravemente impennato).
Giuseppe Pasini, presidente Federacciai e proprietario del gruppo bresciano Feralpi, nelle scorse settimane parlando con il Ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, aveva dato forza a questa richiesta rimarcando che 20 milioni di tonnellate di acciaio su 24 realizzate ogni anno dall’industria italiana utilizzano proprio i rottami ferrosi come base produttiva. Dunque l’export fuori UE in questa fase storica potrebbe causare un danno al nostro Paese.
D’altro canto Assofermet, Associazione Nazionale Commercianti In Ferro Acciai, Metalli e Ferramenta, nei giorni scorsi aveva fatto notare come l’Italia in generale esporti pochissimi rottami ferrosi e aveva sottolineato che:
“l’introduzione di un blocco delle esportazioni dalla UE produrrebbe un forte shock sul mercato interno dell’Unione, che si troverebbe, di punto in bianco, nell’impossibilità di assorbire tutto il rottame rimanente in eccesso, mentre la domanda complessiva dei produttori siderurgici UE rimarrebbe sostanzialmente la medesima, con il conseguente crollo del prezzo dei rottami di acciaio.”